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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254874
Saltini, Guglielmo Enrico 16 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

anche il non lieve ostacolo della straordinaria inclinazione della piazza. Chi verrà dopo noi potrà credere facilmente, che tutta la parte anteriore di

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, pel solito vezzo di chi, stimando reggere con senno, gratificava la gente di fuori screditando il paese.

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da certe norme convenzionali, divenute oracoli per gli artisti; e guai a chi pensasse, per mo’ d’esempio, modellare un panno con gusto, senza avere

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morale (nella quale operazione della mente, non ebbe fin qui, nè forse avrà mai chi gli stesse a paro), cercava nel vero le forme più adatte a

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fatto i modelli per gli ornati della porta maggiore della facciata di Santa Croce, ma la stolta presunzione di chi pretendeva che l’artista lavorasse a

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del moto terrestre, palesa nell’autore mente arguta nel concepire, e facilità di mezzi nell’operare. Siede il Galileo, perchè chi sta seduto meglio

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rifiorire tra noi, dandole maggiore incremento e molto più utili applicazioni. A chi ha veduto il R. Museo fiorentino di Fisica e Storia Naturale, non sono

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chi reggeva il paese, di erigere una fonderia, gettò in bronzo una statua di tutto rilievo che fu la Diana succinta, trovata a Gabi. Riprodusse quindi

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a chi dovrà lavorare dappoi.

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di rilievo assai bene. Datosi con molto amore allo studio dell’anatomia, tanto necessario a chi voglia andare innanzi nell’arte, si dette a modellare

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cartellino col nome di chi lo fece. E quando Paolo Mascagni il celebre scopritore delle norme supreme dei vasi linfatici, volle che ne fosse fatta in cera la

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lecito rovesciare nel fango chi operò e molto e bene, è piuttosto obbligo stretto di tutti far meglio.

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MORGHEN di Firenze (n.1788, m. 26 giugnol853), figlio del celebrato incisore, ebbe da natura ricca fantasia, quale si conviene a chi attende alla pittura di

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disegnata. Il Monti scrisse anche di cose artistiche; lasceremo però a chi se ne intende, giudicare del merito dei suoi libri, che versano generalmente

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piuttosto alle matite. — Ma chi portò nell’arte toscana qualche miglioramento è GIOVAN BATTISTA Cecchi fiorentino (n. 1748, m. dopo il 1800). Non potendo

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delle dotte memorie e dei libri che scrisse sopra molti temi di svariata erudizione, non lo concedono i limiti del nostro lavoro; ma chi sa delle

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